Gino Cosentino nacque nel 1916 a Catania, dove trascorse l’infanzia e compì gli studi. Adolescente, iniziò a dipingere da autodidatta, manifestando una vocazione che la famiglia non incoraggiò.

Nel 1937 iniziò il sevizio militare e al termine della ferma fu trattenuto a causa dell’approssimarsi del conflitto mondiale. Intanto conseguì la laurea in Scienze economiche.

L’8 settembre 1943 lo colse a Novara, in convalescenza per un’ulcera gastrica. Si rifugiò ad Alba e quindi a Casale Monferrato, dove viveva la famiglia di Eugenia Lupano, la sua prima compagna, che di li a poco sposerà. A Casale frequentò lo scultore Capra, allievo di Bistolfi. Eugenia lo sostenne e lo incoraggiò nella determinazione di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove conobbe e apprezzò Arturo Martini, che ne seguì la formazione e ne indirizzò lo studio.

Gino Cosentino.
Anni ’50, Davanti alla capanna di via Olona

Conseguì il diploma accademico nel 1946, l’anno della sua prima mostra personale a Milano, con presentazione di Beniamino Joppolo, città dove poi si trasferì. Qui si stabilì in una baracca che si costruì da sé nel cortile di una caserma diroccata in via Olona.
Il pittore Aligi Sassu lo aiutò a realizzare un forno per la cottura della ceramica, con cui iniziò la produzione di oggetti di vario genere. Nel 1949 nasce la figlia Isabella.

Nel 1951 la capanna venne distrutta da un incendio sviluppatosi in un vicino deposito di stracci. Nell’incidente furono perdute quasi tutte le opere, ma Cosentino ricordò l’episodio quasi con soddisfazione: “Finalmente mi sono liberato e posso iniziare qualche cosa di nuovo…”. Quindi tornò provvisoriamente a Casale Monferrato.


Gli anni che seguirono appaiono decisivi per la vita dell’artista.
Nel 1956 comparse un primo album monografico sulla sua opera. Nel 1958 realizzò la Via Crucis per la chiesa di Baranzate, progettata dagli architetti Mangiarotti e Morassutti. In questo periodo lavorò in uno studio affittato in una grande villa a Intra, sul lago Maggiore. Sempre in questi anni si consumò il distacco dalla moglie e nacque un’affettuosa amicizia tra Gino e Maria Teresa, la giovane figlia dei proprietari della villa di Intra, dal curioso soprannome “Pim”. Quando si trasferì a Milano , Pim lo seguì, divenendo la compagna della sua vita per tutti gli anni a venire.

Gino Cosentino. 1970.
Nello studio di via Watt.

Nei primi anni Settanta Cosentino intensificò la collaborazione con vari architetti (Invernizzi, FarinaMorez, Nelly Kraus) e realizzò diverse decorazioni per pilastri, facciate e recinzioni, sia in pietra che in calcestruzzo, a Milano e a Bergamo. Nel 1970 trasferì lo studio in via Watt 5, sempre a Milano, in un capannone industriale dove lavorò per il resto dei suoi giorni.

Le mostre si fecero frequenti e culminarono nella personale del 1975 alla Rotonda di via Besana, organizzata dal Comune di Milano e ordinata dall’architetto Fragapane. Con questa mostra, che gli valse lusinghieri consensi, si ruppe il silenzio della critica attorno alla sua opera.
La produzione astratta toccò il culmine con la realizzazione del grande monumento ai caduti di Lodivecchio nel 1981. La presenza di temi figurativi nella pittura, già all’inizio degli anni Settanta, fu il preludio per il ritorno della figura anche in scultura, di cui si avvertirono chiaramente i sintomi alla fine dello stesso decennio.
L’ultima mostra di opere astratte è del 1984. Da allora si dedicò soprattutto alla pietra, realizzando sculture di notevole impegno, come quelle per la chiesa di San Pier Giuliani a Baggio (1987) o quelle esposte nell’importante mostra di scultura contemporanea alla Permanente di Milano nel 1990 e le grandi sculture in travertino realizzate per la mostra “Trent’anni da Sem” a Marina di Pietrasanta.

Gino Cosentino. 2000. Nello studio di via Watt

Nel 1998 tre grandi sculture vengono installate nella nuova facoltà milanese di Ingegneria Aeronautica. Due anni più tardi, nel 2000, viene istituita la Fondazione “Gino e Isabella Cosentino” di cui resterà presidente fino alla fine dei suoi giorni. Nel 2002, in occasione della grande mostra antologica alla Basilica romanica di S. Celso, la Fondazione ricevette un riconoscimento dalla regione Lombardia.
Negli ultimi tempi si accentuò l’interesse per la pittura, anche a causa della età e degli acciacchi fisici.

Continuò a dipingere fino a due giorni prima della sua morte, che lo colse nella sua casa a Milano il 19 giugno 2005.