Sono stati necessari milioni di anni, durante i quali si sono succeduti millenni di generazioni, prima che la mente umana arrivasse alla maturità sufficiente per creare attraverso la magia della scultura.

La scultura è essenzialmente la presa di possesso di uno spazio, la costruzione di un oggetto mediante volumi, vuoti, pieni , incavi che si alternano, che siano in contrasto e che costantemente e reciprocamente siano in tensione fra di loro e che in definitiva stabiliscano un equilibrio complessivo. All’intensità di questa composizione di forme corrisponde la conseguente riuscita dell’opera, la felice soluzione del suo problema particolare. Essa deve essere statica nonostante il suo movimento, dopo di che lo spazio si illumina e si compone partendo da lei.

a cura di Adele Bugatti e Giorgio Di Maio


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Collezione Cosentino
Sculture Pubbliche

Lezione prima

L’atto di nascita della scultura.

Il momento più emotivo per uno scultore è dato dall’ombra che scaturisce mettendo un ostacolo contro un fascio di luce. Se appoggio un pezzo di creta su un piano illuminato di luce radente, questa creta di colpo diventa leggibile oltre che fisicamente anche dal punto di vista emotivo, specialmente per chi la volesse modificare con ulteriori interventi.

Comincia così il momento creativo, che dovrà poi concludersi in un’opera di scultura e cioè un susseguirsi di vuoti e di pieni in armonia fra di loro. Il problema dell’armonia comincia subito appena si fa il primo gesto di aggiungere o di togliere; il campo in cui si muove detto problema è vastissimo, al punto che, se si vogliono conficcare nella sabbia dieci lame di ferro con intendimenti d’arte, immediatamente salta fuori il problema dell’armonia dei vuoti e dei pieni e se l’artista non conosce tale problema le dieci lamelle saranno sempre e soltanto del ferro e mai una speculazione spirituale. Questo è il caso limite, perché, se ci chiedono di mettere sulla sabbia una lama, allora l’avvenimento è soltanto emotivo e non scatta ancora il vero problema dell’arte; tutto diventa letteratura, atteggiamento, moda.

E da queste mode bisogna rifuggire perché deleterie e pericolose. Esse ci costringono a ignorare e addirittura disperdere la tradizione.

Il punto più importante è quello di andare verso la materia non più con le gambe che tremano ma con fermezza e con gli occhi spalancati per ridurla al proprio sentimento. Per fare ciò occorre una grande concentrazione che, purtroppo, quando la si ottiene, non resta lì per delle ore intere ma sfugge e riappare saltuariamente, anche se le mani a volte seguitano a camminare nella giusta direzione, per abitudine. L’ideale sarebbe smettere subito tutte le volte che si perde il filo. La parte tattile, nella ricerca dell’armonia, è importante perché si sostituisce agli occhi che non possono arrivare dappertutto. Aiutandosi quindi in tutti i modi si stabilisce di volta in volta se bisogna aggiungere o togliere per arrivare a questo famoso peso oro che è la scultura.

Rodin, per esempio, quando doveva aggiungere una ciocca di capelli nella scultura prendeva un po’ di creta e la teneva a lungo nelle mani, e guardando attentamente tutto l’insieme della sua composizione si accorgeva se il quantitativo di creta che aveva nella mano era poco o tanto e, fatta la correzione, la appoggiava nel punto giusto. Questa creta quindi era già scultura prima ancora di essere appoggiata. Questo per dimostrare qual è la vera essenza della scultura, della quale non si può fare a meno se non compromettendo tutto e declassando tutto a pura esercitazione senza contenuto.

Ma prendiamo adesso questo gesso appena nato, che ha bisogno di crescere per diventare scultura; guardiamolo attentamente e controlliamo, come abbiamo già detto, anche con le mani, se questi valori plastici di cui è composto sono veramente in armonia fra di loro; ci accorgiamo subito che molto resta da fare e che bisogna per esempio aggiungere materia in questo punto, scavare qui vicino e così via, in modo di cominciare e stabilire rapporti di armonia tra vuoti e pieni. Man mano che questa operazione si verifica si sciolgono gli ostacoli e questi due elementi ancora lontani dall’esprimere un’idea accorciano le distanze per diventare scultura, arte, idea.

Tutto quello che si poteva fare oltre Martini ” era esprimere un’idea senza la presenza della figura umana ed io ho cercato e ho seguito una tematica aderente alla mia natura che è quella dell’affinità.

Affinità affettive di elementi che si cercano, che si amano come dovrebbero amarsi gli uomini. Per rifarmi poi all’aggettivo antitetico che lei (il frammento è incompleto e non consente di identificare l’interlocutore) ha citato prima, dirò che per me non c’è nessuna preclusione a usare elementi astratti o figure per dare corpo alle mie sculture, rimanendo fedele alle tematiche che mi sono imposto.

Giampiero Gianazza (curatore) “GINO COSENTINO: CARTE E PAROLE. TESSERE PER UNA BIOGRAFIA, Sedizioni, 2008